Migrazioni e angosce persecutorie nelle popolazioni che ricevono i migranti

di Giovanna Bosco

Come professionisti della salute non possiamo ignorare i danni alla salute collettiva che la narrazione Salviniana sulle migrazioni sta causando: de-umanizzazione dell’Altro da sé; creazione di capri espiatori cui addossare stabilmente la colpa di ogni malessere personale e sociale, con conseguente perdita di contatto con il proprio Sé e la propria essenza umana.

Chi fa il nostro lavoro si rende conto  che non è sufficiente contrapporre informazioni e dati di realtà alla narrazione deformante sulle migrazioni o sulla presenza di gruppi etnici come i Rom. E’ una narrazione il cui appeal sta proprio nel ridurre fenomeni complessi sia sul piano politico-sociale che sul piano emozionale a spiegazioni semplificatrici e banalizzanti, che esonerano dalla fatica di pensare e riconoscere la propria e altrui umana fragilità (da cui discende il bisogno reciproco, che ci chiama a con-vivere con le differenze), creando l’illusione che basti affidarsi ad un leader carismatico ed alle sue “ricette semplici”: basta chiudere i porti, respingere i migranti,  demolire senza tanti riguardi i campi Rom, battere il pugno sul tavolo, far sentire il tintinnio delle manette.  E tutto si risolverà magicamente, e la nostra illusione di autosufficienza onnipotente sarà restaurata. 

I fenomeni di gruppo indicati da Bion con il nome di  “assunti di base” sembrerebbero trovare nel presente la loro massima espressione a livello macrosociale.  Bion, attraverso le sue esperienze di lavoro con i gruppi, osservò che spesso la capacità del gruppo di pensare e relazionarsi  in modo costruttivo è oscurata da fenomeni, da lui considerati fortemente patologici e regressivi, che portano  a vivere una dimensione illusionale, in cui le differenze individuali e le imperfezioni vengono azzerate e il gruppo attribuisce ad un leader carismatico (solitamente il conduttore) poteri salvifici o di protezione dalle minacce esterne (che altro non sono che l’esternalizzazione della propria rabbia e delle proprie tendenze distruttive).

 E’ stato osservato che non necessariamente e non in tutti i gruppi si manifestano con tanta radicalità gli “assunti di base” bioniani.  Pierluigi Sommaruga (1) ad esempio, avanza l’ipotesi che questi fenomeni abbiano a che fare, nei gruppi clinici, con la personalità del conduttore e con il contesto. In effetti le esperienze di Bion con i gruppi si sono svolte in un contesto militare con reduci traumatizzati dalla partecipazione alla seconda guerra mondiale, e Bion, oltre ad essere uno psicoanalista e psichiatra, era un ufficiale dell’esercito, aveva una figura alta e imponente, in sostanza poteva facilmente essere vissuto come Autorità cui affidarsi ponendosi in un rapporto di completa dipendenza.   Se è così, possiamo capire come l’avere una veste istituzionale realmente potente, come avviene oggi in varie parti del mondo dove leader politici dalle limitate competenze progettuali ma dal forte carisma sono diventati capi di stato o  membri influenti del governo, può facilmente creare le condizioni per riprodurre a livello macrosociale i fenomeni descritti da Bion.

Mentre in un gruppo terapeutico il conduttore ha cura di valorizzare gli aspetti di “stato nascente” che accompagnano la fase illusionale, senza tuttavia compiacersi del forte investimento nei suoi confronti, ma al contrario accompagna il gruppo verso assetti più evoluti,  i leader politici carismatici, che non sono ovviamente mossi  da intenti di “cura” ma piuttosto di conservazione e rafforzamento del proprio potere, che si compiacciono di avere molti seguaci, e che attraverso la loro presenza quotidiana sui social media hanno un potere di influenzamento enorme, tendono ad alimentare continuamente ed a sfruttare a proprio vantaggio  la paura dello straniero e del diverso da sé.  Gli adoratori del leader carismatico abdicano ad ogni capacità critica e riflessiva, aderiscono ad un gioco perverso di rovesciamento del vero e del falso, e di inversione dei criteri etici, pur di non aprire falle nelle fitta rete dei pre-giudizi che definiscono la propria appartenenza.   

Così l’incapacità di riconoscere la sofferenza causata all’Altro, che nella sua diversità è visto come  presenza perturbante, potenzialmente “infetta”, da respingere per escluderla dal proprio orizzonte psichico oltre che fisico e geografico, è il primo passo su un  terreno inclinato che ci può far scivolare verso qualcosa che oggi sembra impensabile:  quella “banalità del male”, di cui scrisse Hannah Arendt  nel tentativo di comprendere le immani crudeltà commesse con indifferenza e precisione ragionieristica dai gerarchi nazisti nel secolo scorso, mentre i più giravano la testa dall’altra parte.

Forse solo la narrazione poetica può riaprire varchi di umanità, mitigando le  angosce persecutorie che i fenomeni migratori inevitabilmente suscitano in chi si trova a ricevere i migranti, ma che oggi vengono, non solo nel nostro paese, alimentate e usate ad arte da una cinica narrazione politica.

Per questo riproponiamo qui di seguito un emozionante e poetico testo di  Ugo Giansiracusa, scritto e pubblicato nel 2009, ma ancora oggi tremendamente attuale. 

1)  Sommaruga P. “Le dinamiche di gruppo”, in Quaderni E-spèira n. 1, 1999

3 commenti a Migrazioni e angosce persecutorie nelle popolazioni che ricevono i migranti

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    Elio Vera scrive:

    Mi propongo di leggerlo nuovamente, rifletterci e poi lasciare un mio commento. Per ora l'amara riflessione che mi vien da fare è che sono probabilmente proprio colleghi psicologi che consigliano i vari Trump, Salvini, Macron nella sua uscita spettacolare a inizio mandato, prima ancora Berlusconi, e così via, a dire (cinica narrazione politica) quello che dicono per seminare odio e terrore . Non credete che sia così? Da soli non potrebbero essere tanto abili nel seminare sconforto e disorientamento. Il tutto, nel caso attuale, per prendere il potere il 26 maggio 2019 in occasione delle Elezioni Europee. 

  • Giovanna Bosco
    Giovanna Bosco scrive:

    E’ possibile che tra coloro che mettono le loro competenze al servizio dei politici che alimentano “odio e terrore” per i propri fini di potere, ci siano, oltre a esperti di comunicazione, giornalisti, abili gestori dei social, forse anche psicologi. Ma immaginare che il desolante panorama politico, sociale, umano in cui oggi ci troviamo dipenda in buona parte dal fatto che degli psicologi malvagi abbiano messo le loro arti magiche al servizio del male anziché del bene può essere un modo per tenere a bada la nostra angoscia e il nostro disorientamento. E’ il disorientamento  di chi vede aprirsi in poco tempo crepe profonde e pericolose nei sistemi di valori in cui abbiamo sempre creduto e fondato il nostro senso di appartenenza alla “razza umana”.  E’ noto che ci sono veri e propri team che affiancano certi politici durante le campagne elettorali (e ormai anche dopo, visto che sembra di essere in una campagna elettorale permanente). Essi  utilizzano modelli di analisi e algoritmi sofisticati per individuare le paure più irrazionali, i risentimenti più meschini e le voglie più egoistiche, permettendo così ai loro committenti di far leva sui lati più oscuri delle persone, alimentandoli e amplificandoli, e al contempo ponendosi come Capitani Coraggiosi, Vendicatori, Uomini della Provvidenza che sanno come tenere a bada i pericoli, schiacciare chi fa paura, soddisfare tutte e subito le tante e opposte voglie.  Ma anche senza l’aiuto di “maghi” malvagi, si può dire che c’è ormai una capacita diffusa tra i nuovi dominatori della scena politica nel trovare capri espiatori su cui rovesciare la colpa delle inevitabili disillusioni (“è tutta colpa dell’Europa”, o “degli immigrati che vengono a togliere pane e lavoro agli italiani”) e così via. E’ un’onda che viene da lontano, dai “vaffa”, dagli inni alla “rottamazione” e alla “semplificazione” di ciò che è invece complesso e impegnativo comprendere e maneggiare, dalla progressiva svalutazione delle competenze (che non si improvvisano ma al contrario richiedono anni di studio e di impegno), e da molto altro ancora…

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    Elio Vera scrive:

    Mi è difficile aggiungere qualcosa a una analisi tanto ricca e nello stesso tempo sobria. Posso solo ricordare che i meccanismi di amplificazione delle percezioni della gente fossero stati messi a punto già immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale negli USA e importati da noi a fine anni cinquanta grazie a un gruppo di psicologi triestini.

    Inoltre

    riporto una riflessione di Ferruccio Capelli:

    "La globalizzazione e gli sviluppi impetuosi della scienza e della tecnica generano la disintermediazione della democrazia e riplasmano la vita degli esseri umani provocando solitudine involontaria e spaesamento. Il futuro è illeggibile e sembra precipitarci addosso. I cittadini, ormai scettici e disillusi dalle magnifiche sorti preannunciate dal neoliberalismo, cercano nuove rappresentanze volgendo il loro sguardo all'indietro, verso un passato idealizzato"

    Il rimedio populista ha successo in quanto per un pò placa l'ansia, il timore e la paura di perdersi nel labirinto. Personalmente non so come uscire da questo disorientamento e come trovare una nuova direzione che dia nuovamente spazio alla ragione, alla consapevolezza e moderi il "tutto e subito" delle emozioni. E che sappia riconoscere le competenze. Ma quali competenze possono apprendere oggi i nostri giovani? Forse tutto proseguirà cambiando in un modo inimmaginabile per le generazioni dei meno giovani.

    Ci lavoriamo insieme?

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