I CIECHI E L’ELEFANTE: ci vuole un sguardo largo per comprendere la violenza di genere
di Giovanna Bosco

Sommario
Oltre a portare l’attenzione sul tema specifico della violenza di genere alla luce delle contrapposizioni emerse recentemente sulla questione dei femminicidi, lo scritto introduce elementi di riflessione su come accostarsi a problematiche che hanno una genesi multifattoriale, partendo dal presupposto che i diversi punti di vista e le conoscenze derivanti da diverse discipline possono contenere elementi di verità ma non sono tutta la Verità. Per integrare lo sguardo psicoanalitico con l’analisi socioculturale, viene utilizzato il concetto di “inconscio sociale”, sviluppato nell’ambito della Gruppoanalisi.
Vengono pure riportati spezzoni di casi clinici, continua a leggere
News Luglio 2024
Azioni trasformative: prendiamoci cura del futuro
E’ questo il tema della Summer School annuale della Group Analytic Society International si terrà a Torino dal 24 al 26 luglio e che vedrà la partecipazione di colleghi di 26 nazioni.
Oltre alle relazioni, ci saranno molte occasioni esperienziali, attraverso gruppi piccoli e di media grandezza e gruppi di Social Dreaming.
Perché l’eco della guerra distrugge le relazioni dialogiche?
di Giovanna Bosco
Non appena il discorso cade sulle guerre in corso, facciamo continuamente esperienza della enorme difficoltà a mantenere una relazione dialogica, in cui anche una parziale differenza di punti di vista non sia immediatamente percepita come qualcosa di intollerabile e riprovevole. Persino tra persone che hanno per lungo tempo condiviso aspetti importanti della vita (affetti, amicizia, stima, visioni del mondo e imprese comuni) può accadere di trovarsi in men che non si dica schierati in campi avversi, come se ci si scoprisse arruolati, volenti o nolenti, in eserciti contrapposti. Questo avviene soprattutto quando le guerre e i conflitti sono percepiti come “vicini”, anche se non li viviamo in prima persona.
Parlando di vicinanza non mi riferisco solamente a un dato geografico ma penso soprattutto a quel vissuto di prossimità derivante da fattori culturali, identitari, emotivi. continua a leggere
News del mese di aprile 2024
L’ESPERIENZA DEI GRUPPI DI AUTO-AIUTO IN PSICHIATRIA
Su Psychiatry on-line un’interessante intervista di Francesco Bollorino sui gruppi di auto-aiuto, composti da familiari di pazienti con problematiche psichiatriche. I gruppi sono diffusi soprattutto nella provincia di Trento, dove sono sorti anche grazie alla visione e all’impulso di alcuni servizi psichiatrici. Oltre a offrire ai partecipanti ascolto e vicinanza, favoriscono la collaborazione tra famiglie e servizi e la partecipazione attiva dei familiari ai percorsi di cura.
Per vedere l’intervista su: www.psychiatrionline.it aprire in alto a destra l’icona del canale Youtube, e cercare il video dell’intervista a Roberto Cuni (il Cerchio – Fare assieme Onlus): Progettare i progetti di cura con familiari ed esperti.
Relazioni di genere e inconscio sociale
Il 10 febbraio di quest’anno abbiamo tenuto come Associazione E-spèira un Seminario on-line sul tema “Relazioni di genere e inconscio sociale”. Pubblichiamo qui la relazione introduttiva al Seminario, tenuta da Giovanna Bosco. La relazione, volutamente sintetica, è stata completata dalla proiezione di spezzoni di film, per attivare anche la dimensione non verbale che è solitamente penalizzata nella comunicazione virtuale, in modo da favorire il contatto con gli stereotipi di origine sociale su maschile e femminile che abbiamo spesso in modo inconsapevole interiorizzato e per evidenziare come le rappresentazioni di genere si sono andate modificando nel corso degli ultimi decenni. E’ poi seguita un’ampia discussione che ha permesso una ulteriore elaborazione del tema e la messa a fuoco di nuovi interrogativi meritevoli di approfondimento.
RELAZIONE INTRODUTTIVA
di Giovanna Bosco
Perché utilizziamo IL CONCETTO DI GENERE maschile o femminile:
Il concetto di genere è stato introdotto per distinguere tra:
1. le differenze biologiche fra i due sessi.
2. le rappresentazioni del femminile e del maschile di origine sociale, che mutano nel tempo e variano a seconda della cultura e del gruppo sociale in cui si sono costruite.
Il concetto di genere pone inoltre l’accento sulla dimensione relazionale: maschile e femminile non sono categorie indipendenti. Ciò che intendiamo per uomo e per donna comprende continua a leggere
Come è difficile pensare nel tempo della pandemia
di Giovanna Bosco
Pochi mesi fa Lancet, una delle più autorevoli riviste scientifiche in ambito medico, sollecitava la collaborazione della psicoanalisi per aiutare chi si occupa di salute pubblica (dagli operatori sanitari ai funzionari pubblici) a comprendere i motivi del diffuso rifiuto ad accogliere le raccomandazioni che provengono dalla medicina e dalla scienza e a migliorare la propria capacità di trattare il fenomeno della negazione di massa, mandando messaggi più adeguati. Questo appello nasceva dalla considerazione che oggi la popolazione ha molte più informazioni di tipo medico rispetto al passato ma contemporaneamente rifiuta le conclusioni cui perviene la scienza. continua a leggere
Tra Psicodramma e Drammaterapia – un testo del 2015 riproposto per l’attualità dell’argomento
Ripropongo con alcuni aggiornamenti uno scritto del 2015, nel quale prendevo in esame alcuni aspetti di cruciale importanza per chi utilizza il teatro nel lavoro con i gruppi. Mentre la diffusione delle nuove forme di comunicazione tramite il web esclude sempre più la corporeità e la possibilità di vivere relazioni di risonanza empatica, dando ad individui sempre più estromessi da una piena vita di relazione l’illusione di essere costantemente interconnessi, appare ancor più di un tempo feconda la dimensione gruppale nel lavoro clinico, nella formazione e nei percorsi esperienziali. Nell’ambito dei gruppi diventa di particolare interesse la possibilità di utilizzare il teatro quale forma di espressione in cui la parola diventa parola pienamente ‘incarnata’.
Nell’articolo che ripropongo, oltre a discutere alcuni nodi teorico-metodologici che riguardano l’ “agire” e il “gioco”, vengono presentati i tratti salienti di un metodo che nasce dall’integrazione dei contributi, a mio avviso più fecondi, provenienti da diversi approcci: psicodramma Moreniano, psicodramma analitico e drammaterapia. Segue la narrazione di una sessione di un gruppo esperienziale in cui si è utilizzato il teatro – inteso come spazio ludico dove ciò che avviene è sentito come profondamento’ vero’ pur essendo ‘per finta’ – per favorire il riconoscimento della ‘scena di gruppo’ e dei copioni ‘internalizzati’ e la loro trasformazione.
Nel teatro troviamo una sintesi di tutte – o quasi tutte – le forme espressive, sia verbali che extraverbali, ed è per questo che, quando in un gruppo si ricorre alla drammatizzazione, l’esperienza che ne deriva è particolarmente trasformativa, coinvolgendo contemporaneamente una molteplicità di funzioni psichiche e di aree dell’esperienza. La drammatizzazione si fonda su un paradosso: ciò che vi avviene è profondamente vero pur essendo per finta. continua a leggere
‘L’incontro con la diversita’: introduzione al workshop del sett. 2019 e discussione di gruppo
INTRODUZIONE
di Giovanna Bosco
Poiché si sostiene spesso che le ragioni della sicurezza rendono necessaria l’esclusione della diversità, vorrei iniziare proponendovi un pensiero sviluppato già anni fa da Diego Napolitani, fondatore della Società Gruppoanalitica Italiana.
Nel saggio “Identità, alterità, culture” (pubblicato sulla Rivista on-line Comprendere, n. 19, 2009) segnalava che sicuro “viene dal latino se-curum dove il se- indica privazione e cura significa ‘interessamento solerte e premuroso per un oggetto, che impegna sia il nostro animo che la nostra attività’ (Vocabolario Treccani)”. Chi vuol essere totalmente al sicuro vuole dunque essere esonerato da ogni interessamento per l’Altro. “La tutela della propria identità, non solo individuale ma anche collettiva – aggiungeva D. Napolitani – può arrivare al punto che la semplice apparizione del ‘diverso’ provochi una reazione d’allarme che scatena una violenza distruttiva (…)”. Il diverso va così “eliminato” perché il suo stesso esistere è sentito come minaccia per la propria visione del mondo, assunta come continua a leggere…
Workshop “per restare umani”: riflessioni sul lavoro del gruppo
di Velia Bianchi Ranci
L’attesa di incontrare un gruppo nuovo è sempre carica di pensieri , emozioni e interrogativi che sono quelli che poi orienteranno l’esperienza nel suo svolgersi.
Questo vale per tutti i partecipanti, ognuno a suo modo, e vale naturalmente anche per chi si assume il ruolo di accompagnare il gruppo nel suo percorso.
Quando ho incominciato a pensare all’incontro di gruppo offerto da Espèira con l’obiettivo di provare a riflettere sulla situazione sociale in cui siamo immersi, partendo dai nostri vissuti e dalle nostre paure, il mio primo pensiero/preoccupazione è continua a leggere…
Workshop “per restare umani”: introduzione, discussione, conclusioni
Premessa
Giovanna Bosco
La mia relazione è stata suddivisa in due parti, per introdurre le due fasi del workshop in cui si è sviluppata la discussione di gruppo. La proposta di incontrarsi per "mettere in comune emozioni e pensieri per restare umani", era rivolta sia a colleghi psicoterapeuti e operatori delle professioni di aiuto che a cittadini interessati al tema, Il workshop si è svolto il 9 marzo 2019 presso la sede dell'Associazione E-spèira.
Le comunicazioni introduttive sono state volutamente brevi: il loro scopo era quello di permettere di focalizzare il tema e, in particolare la prima, di favorire il riconoscimento e la libera espressione del disagio e delle paure che possono manifestarsi in ognuno di noi quando siamo esposti all’incontro con la “diversità” continua a leggere…
Amed: storia di un viaggio senza approdo
di Ugo Giansiracusa
Riproponiamo qui, per gentile concessione dell'autore, un testo di Ugo Giansiracusa, scritto e pubblicato nel 2009, ma ancor oggi attuale. Non solo per i suoi contenuti, ma per la qualità poetica della scrittura, che trascende i significati convenzionali del linguaggio scritto per farsi
"parola piena", emozione, immagine. Per noi che da tempo ci occupiamo dell'indicibile, è forse questo l'unico modo per riaprire varchi di
umanità là dove si agitano i vessilli della paura e del disprezzo. continua a leggere…
Migrazioni e angosce persecutorie nelle popolazioni che ricevono i migranti
di Giovanna Bosco
Come professionisti della salute non possiamo ignorare i danni alla salute collettiva che la narrazione Salviniana sulle migrazioni sta causando: de-umanizzazione dell’Altro da sé; creazione di capri espiatori cui addossare stabilmente la colpa di ogni malessere personale e sociale, con conseguente perdita di contatto con il proprio Sé e la propria essenza umana.
Chi fa il nostro lavoro si rende conto che non è sufficiente contrapporre informazioni e dati di realtà alla narrazione deformante sulle migrazioni o sulla presenza di gruppi etnici come i Rom. E’ una narrazione il cui appeal sta proprio nel ridurre fenomeni complessi sia sul piano politico-sociale che sul piano emozionale a spiegazioni semplificatrici e banalizzanti, continua a leggere…
Il lavoro nelle istituzioni: contributo di G. Bosco al Seminario del 23 febbraio 2018
Alle radici di un ossimoro
Ogni volta che mi soffermo a ripensare le mie esperienze nelle istituzioni, o che ascolto un gruppo di colleghi parlare delle istituzioni in cui lavorano, ho la sensazione di addentrarmi in un luogo pieno di contrasti e contraddizioni, di luci e di ombre, che solo degli ossimori possono racchiudere e tenere insieme: gusto dolceamaro? chiarezza tenebrosa? espansione vincolata?
Le istituzioni sono oggetti complessi, e non è facile conoscerle, non solo per il rapporto ambivalente che spesso abbiamo con le forme di organizzazione sociale fondate su norme e consuetudini vincolanti, ma anche per la intrinseca contradditorietà delle istituzioni. continua a leggere…
Il lavoro nelle Istituzioni – contributo di F. Merlini al Seminario del febbraio 2018
Pubblichiamo qui di seguito il contributo di Franco Merlini al Seminario organizzato dall'Associazione E-spèira il 23 febbraio 2018, dal titolo IL LAVORO NELLE ISTITUZIONI: PARLIAMONE
Introduzione
Vi propongo una domanda: “Il bravo operatore è colui che si è ben formato, o colui che è abbastanza guarito?”
Sappiamo che curare e prendersi cura di sé, non è mai un’operazione dissociabile, soprattutto nel nostro mestiere (questa scelta infatti permette a qualcuno di continuare a curarsi e a qualcuno di non farlo mai). Non possiamo dimenticare che il nostro è un mestiere fondato sulla complessità e sulla soggettività, che per definizione non comportano tecniche d’intervento certe e ripetibili; e questo già introduce nel nostro lavoro di tutti i giorni una dimensione di incertezza.
Nella pratica clinica, la differenza la fa, la diversa capacità con cui l’operatore riesce a stare col paziente continua a leggere…
L’incontro con il trauma: riflessioni su “Una stanza tutta per lei”
di Giovanna Bosco
Premessa
Dopo uno dei seminari tenuti presso la nostra sede sul tema dell’ “indicibile”, in cui era emersa la potenza comunicativa delle immagini mentali, particolarmente quando la relazione si fa emotivamente impegnativa, Teresa Mutalipassi ci ha inviato un interessante scritto, pubblicato all’inizio di settembre, in cui torna con il ricordo al caso di Nina, una giovane donna con una storia di abusi e maltrattamenti alle spalle, inviata a lei per una valutazione delle sue capacità genitoriali. Lo scritto, coinvolgente, interlocutorio e generoso nel rivelare sensazioni, difficoltà, immagini, desideri, pensieri suscitati da quell’incontro, aveva stimolato due brevi ma significativi Commenti da parte di Luciana Monzi e Vera De Luca.
Rileggendo quello scritto a distanza di un po’ di tempo insieme ai Commenti, son stata sollecitata a riflettere su varie questioni, in particolare:
– le difficoltà emotive e relazionali cui siamo esposti quando ci viene richiesta una valutazione delle capacità genitoriali rispetto a soggetti che, prima di diventare genitori, sono stati bambini maltrattati o abusati e che quindi arrivano a noi con un carico di sofferenze indicibili ma inscritte nel corpo, se sappiamo ascoltarlo. Chi vediamo di fronte a noi? Una madre inadeguata? O che va sostenuta e aiutata a svolgere le funzioni materne? O una ragazzina mal-trattata da proteggere? Con chi ci identifichiamo e con chi empatizziamo? Con il figlio? Con la madre? Con la bambina segnata da mille spaventi, abbandoni e abusi che è in lei? continua a leggere…



